Storia

Emanuele Cacherano di Bricherasio, fondatore della Fiat.

Nascita della Fondazione

Dopo la scomparsa prematura di Emanuele Cacherano di Bricherasio venne
creato un ente morale a lui dedicato.

“l’Opera è stata eretta nell’anno 1908 dalla contessa Eleonora dei Marchesi Massel di Caresana, con testamento olografo, dedicata alla memoria dell’amatissimo nipote Emanuele Cacherano di Bricherasio e dotata di beni stabili e di capitali a tal fine legati.”

“La Nobil Donna Eleonora dei Marchesi di Massel di Caresana deferì alla sua erede universale la nipote Sofia Cacherano di Bricherasio, di stabilire lo scopo e gli intendimenti dell’Opera, già scuola ed asilo per alunni senza distinzione di provenienza, di introdurvi quelle migliorie suggerite dai tempi e dal progresso, e di vigilare perché le suddette disposizioni fossero osservate.”

Vista la domanda della contessa Sofia Cacherano di Bricherasio di ottenere
l’erezione in ente morale con amministrazione autonoma, a firma di Vittorio Emanuele III, in data 22 gennaio 1914 è stata riconosciuta la Fondazione Emanuele Cacherano di Bricherasio con Decreto, munito del sigillo dello Stato, ed inserito nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia.

Cenni Storici

La nascita della Fiat agli albori del Novecento, fu pesantemente segnata da un paio di morti eccellenti. Pochi sanno, in realtà (perché ciò non si trova nei libri di storia), che la nascita della Fiat si intrecciò misteriosamente con la vita del nobile e ricchissimo conte Emanuele Cacherano da Bricherasio e del suo fedelissimo amico e celebre cavallerizzo Federigo Caprilli, colui che rivoluzionò in tutta Europa la disciplina equestre, chiamato “cavaliere dei cavalieri” o “cavaliere volante”.


Una morte violenta accomunò i due amici a poca distanza di tempo, neanche quarantenni: una morte inspiegabile, avvolta nel silenzio e nel mistero e legata alla folgorante ascesa nel mondo dell’industria, della
finanza e della politica.

Sono tre i protagonisti di questa strana storia, dimenticata: Emanuele Cacherano da Bricherasio, ufficiale di cavalleria, fondatore dell’Automobile Club d’Italia e, nel 1899, della prima «Fabbrica Italiana Automobili di
Torino»; il brillante e geniale capitano Federigo Caprilli, eroe dei concorsi ippici di tutta Europa; Giovanni Agnelli “primo”, a sua volta ufficiale di cavalleria ambizioso e con chiarissimi progetti in testa.

I primi due frequentavano il celebre Caffè Burello, meta di appassionati aristocratici, per discutere di cavalli ed automobili e qui le loro vite iniziano ad accelerare pericolosamente Emanuele Cacherano da Bricherasio fu il primo ad intuire le vere potenzialità dell’industria meccanica volta alla
produzione di automobili ad uso privato. Il conte Emanuele fu precursore della visione futurista, del dinamismo, della velocità, del progresso e con la sua visione lungimirante dell’automobile e della sua divulgazione. Si passò da qui a poco ad una svolta… le prime vetture che sono ancora “carrozze” spinte dal motore con altri cavalli: i cavalli vapore.

È il 1 luglio 1899 ed a casa del conte di Bricherasio si radunano alcuni amici invitati ed alla domanda “Chi ci sta?” rispondono l’Avvocato e giornalista Cesare Goria Gatti, il conte Roberto Biscaretti di Ruffia, l’Avv. Carlo Racca, il
banchiere ed industriale Michele Ceriana Mayneri, l’ex ufficiale di cavalleria e possidente Lodovico Scarfiotti, il marchese Alfonso Ferrero di Ventimiglia, il Signor Luigi Damevino e l’industriale Michele Lanza che però si prende qualche giorno di tempo per confermare… e così nasce la Fiat.

Il Cav. Giovanni Agnelli si aggiunse il giorno 11 luglio 1899 al posto di Lanza che rinunciò. La scalata di Agnelli è rapida e contempla disinvolti rapporti con i Savoia.

Sotto gli occhi di Emanuele Cacherano di Bricherasio crescono gli affari sporchi, i traffici azionari, gli intrighi bancari, finché nell’ottobre 1904, alla vigilia di un Consiglio di amministrazione in cui Bricherasio aveva
annunciato di voler «vedere tutte le carte» e denunciare gli illeciti compiuti, il conte è misteriosamente convocato a casa del duca Tommaso di Savoia-Genova (cugino del re) dove, secondo la versione ufficiale, si uccide con un
colpo di pistola in testa, alla nuca (!), pare.

Pare, perché non ci fu nessuna autopsia, nessuna inchiesta, nessuna spiegazione.

Ma Federigo Caprilli, l’unico che ne vide il corpo prima del funerale, riferì che il viso e le tempie del conte erano intatti.

La sorella del conte Emanuele, Sofia, visitata più volte da misteriosi «alti funzionari», impaurita e preoccupata, e forse temendo per la propria incolumità, affidò a Caprilli le carte del fratello morto, perché le custodisse.

Tre anni dopo anche il celebre cavaliere morirà senza testimoni, il cranio sfondato da un’improbabile caduta da cavallo, di notte, in una strada del centro di Torino.

Anche per Caprilli non ci saranno autopsie, inchieste, spiegazioni: solo una frettolosa sepoltura.

Intanto i maneggi in Fiat erano diventati troppo palesi. Nel rapporto dell’autorità di pubblica sicurezza del 1908, sono segnalate delle manovre fraudolente in borsa che avevano turbato tutto il mercato dei valori e arrecato danni rilevanti ai portatori di azioni.


Alla fine si aprirà un processo, che, tirato per le lunghe, si concluderà con l’assoluzione degli indagati dopo la vittoriosa guerra di Libia (1911-12), che vedrà un largo uso dei nuovi camion prodotti dalla Fiat.

Da qui in poi, si svilupperà quella storia della Fiat che più agevolmente troviamo nei libri.

“L’inspiegabile e prematura morte non sminuisce la grandezza della figura di Emanuele Cacherano da Bricherasio, del suo pensiero, della nobiltà del suo carattere, del suo operato, del rapporto umano con le persone,
dei suoi principi democratici altamente proclamati, della sua passione, della sua intuizione e della sua intraprendenza che sono stati capaci di promuovere una profonda trasformazione della società italiana e non solo.”

Emanuele, Federigo e Sofia riposano insieme nella cappella gentilizia di famiglia adornata dalle opere di Leonardo Bistolfi che scolpì sul monumento: “diresse la vita operosa troppo breve per la vastità del sogno”.